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mercoledì 4 aprile 2012

IL SOGNO DI LEHI

Il sogno di Lehi
   Durante la traversata del deserto Lehi ebbe un sogno da cui ricavò un allegoria di profondo significato spirituale, forse la più grande di tutte.
   Riporto integralmente il sogno che ebbe Lehi (1 Nefi 8). Al fine di comprendere meglio il suo significato spirituale, riporto anche il simbolismo, dato a Nefi, di alcune parole o affermazioni più significative:

-         Campo vasto e spazioso: il mondo.
-         Albero della vita: amore di Dio.
-         Fiume d’acqua: l’inferno e i suoi abissi.
-         Verga di ferro: la parola di Dio.
-         Bruma tenebrosa: tentazioni del diavolo.
-         Edificio grande e spazioso: orgoglio, saggezza e vane immaginazioni del mondo.

  “1 E avvenne che avevamo messo assieme ogni sorta di sementi di ogni specie sia di cereali di ogni specie che anche di semi di frutti di ogni specie.
  2 E avvenne che mentre mio padre soggiornava nel deserto, ci parlò, dicendo: Ecco, ho avuto un sogno, o, in altre parole, ho avuto una visione.
  3 Ed ecco, a causa di ciò che ho veduto, ho ragione di gioire nel Signore a motivo di Nefi, e anche di Sam; poiché ho ragione di supporre che essi e anche molti della loro posterità saranno salvati.
  4 Ma ecco, Laman e Lemuele, temo grandemente per voi; poiché ecco, mi è parso di aver visto nel mio sogno un deserto oscuro e desolato.
  5 E avvenne che io vidi un uomo, ed era vestito di una veste bianca; ed egli venne e stette dinanzi a me.
  6 E avvenne che mi parlò e mi esortò a seguirlo.
  7 E avvenne che, mentre lo seguivo, vidi che mi trovavo in una landa oscura e desolata.
  8 E dopo aver viaggiato per lo spazio di molte ore nelle tenebre, cominciai a pregare il Signore affinché avesse misericordia di me, secondo la moltitudine delle sue tenere misericordie.
  9 E avvenne che dopo che ebbi pregato il Signore, vidi un campo vasto e spazioso.
  10 E avvenne che vidi un albero, il cui frutto era desiderabile per rendere felici.
  11 E avvenne che andai innanzi e mangiai del suo frutto, e vidi che era dolcissimo più di ogni altro che avessi mai assaggiato prima. Sì, e vidi che il frutto era bianco, da superare ogni candore che avessi mai visto.
  12 E come mangiai del frutto, esso riempì la mia anima d'una immensa gioia; pertanto cominciai a desiderare che anche la mia famiglia ne mangiasse; poiché sapevo che era desiderabile più di ogni altro frutto.
  13 E mentre volgevo lo sguardo attorno, per poter forse scorgere anche la mia famiglia, vidi un fiume d'acqua; e scorreva là accanto, ed era vicino all'albero del quale stavo mangiando il frutto.
  14 E guardai per vedere donde venisse; e ne vidi la sorgente poco distante; e alla sua sorgente vidi vostra madre Saria, e Sam e Nefi; ed essi se ne stavano come se non sapessero dove andare.
  15 E avvenne che feci loro segno; e dissi anche loro a gran voce di venire da me, e di mangiare del frutto che era desiderabile più d'ogni altro frutto.
  16 E avvenne che essi vennero da me e mangiarono essi pure del frutto.
  17 E avvenne che io desiderai che anche Laman e Lemuele venissero a mangiare del frutto; pertanto volsi lo sguardo verso la sorgente del fiume, per poterli forse vedere.
  18 E avvenne che li vidi, ma essi non vollero venire da me e mangiare del frutto.
  19 E vidi una verga di ferro, e si estendeva lungo la sponda del fiume, e conduceva all'albero presso il quale io stavo.
  20 E vidi pure un sentiero stretto e angusto, che costeggiava la verga di ferro, fino all'albero presso il quale io stavo; ed esso conduceva pure, passando accanto alla sorgente, a un campo largo e spazioso, come se fosse stato un mondo.
  21 E vidi una schiera innumerevole di persone, molte delle quali si spingevano innanzi, per raggiungere il sentiero che portava all'albero presso il quale io stavo.
  22 E avvenne che esse si fecero avanti, e si avviarono sul sentiero che conduceva all'albero.
  23 E avvenne che sorse una bruma tenebrosa, sì, proprio una grandissima bruma tenebrosa, tanto che coloro che si erano avviati sul sentiero perdettero la via, cosicché vagarono lontano e si perdettero.
  24 E avvenne che ne vidi altri che si spingevano innanzi, e avanzarono e afferrarono l'estremità della verga di ferro; e si spinsero innanzi attraverso la bruma tenebrosa, tenendosi stretti alla verga di ferro, sì, finché ne giunsero fuori e mangiarono il frutto dell'albero.
  25 E dopo che ebbero mangiato del frutto dell'albero, volsero lo sguardo attorno, come se provassero vergogna.
  26 E io pure volsi lo sguardo attorno, e vidi, dall'altra parte del fiume d'acqua, un edificio grande e spazioso, ed esso stava come se fosse in aria, alto sopra la terra.
  27 Ed era pieno di gente, vecchi e giovani, maschi e femmine, e i loro abiti erano di foggia bellissima; ed erano nell'atteggiamento di chi beffeggia e puntavano il dito verso coloro che erano arrivati e avevano mangiato del frutto.
  28 E dopo che questi ebbero mangiato del frutto, si vergognarono a causa di quelli che si burlavano di loro; e si sviarono su cammini proibiti e si perdettero.
  29 Ed ora io, Nefi, non dico tutte le parole di mio padre.
  30 Ma, per esser breve nello scrivere, ecco, egli vide altre moltitudini spingersi innanzi; ed essi vennero ad afferrare l'estremità della verga di ferro, e spinsero innanzi i loro passi tenendosi costantemente alla verga di ferro finché giunsero fuori e caddero, e mangiarono del frutto dell'albero.
  31 E vide pure altre moltitudini brancolare verso quell'edificio grande e spazioso.
  32 E avvenne che molti annegarono nelle profondità dell'acqua; e molti scomparvero alla sua vista, vagando per strade sconosciute.
  33 E grande era la moltitudine che entrava in quello strano edificio. E dopo che erano entrati in quell'edificio, puntavano il dito a scherno verso di me e anche verso coloro che stavano mangiando del frutto; ma noi non prestammo loro attenzione.
  34 Queste sono le parole di mio padre: Poiché, quanti prestarono loro attenzione, si sviarono.
  35 E Laman e Lemuele non mangiarono del frutto, disse mio padre.
  36 E avvenne che dopo che mio padre ebbe detto tutte le parole del suo sogno o visione, che furono molte, ci disse che, a causa di queste cose che aveva veduto in visione, temeva grandemente per Laman e Lemuele; sì, temeva che sarebbero stati rigettati dalla presenza del Signore.
  37 E li esortò allora, con tutto il sentimento di un tenero genitore, a dare ascolto alle sue parole, cosicché il Signore sarebbe forse stato misericordioso verso di loro e non li avrebbe rigettati; sì, mio padre predicò loro.
  38 E dopo aver predicato loro e aver anche profetizzato loro molte cose, li esortò a obbedire ai comandamenti del Signore; e cessò di parlar loro.”

Origine dell’allegoria di Lehi
   La ricerca scientifica oggi sostiene che i sogni sono composti da figure già incamerate nella nostra pur recondita memoria, le quali durante il sonno vengono richiamate dal cervello e assemblate fra loro, per dare una visione nuova, mai vista prima in tale assemblaggio.
   Facciamo un semplice esempio: una persona che dorme può ad un certo punto sognare un cavallo bianco che va in bicicletta. Ebbene questa nuova visione può avvenire solo se lui in passato ha potuto vedere ed incamerare nella sua memoria, singolarmente e in momenti diversi, una bicicletta e un cavallo bianco. L’assurdità reale di questo sogno deriva dall’assemblare queste due immagini che interagiscono fra loro: il cavallo bianco che pedala su una bicicletta! Quello che poi l’uomo dà di suo, o a lui viene rivelata dallo spirito, è l’interpretazione.
   È l’interpretazione il vero messaggio che ci possono dare i sogni e qui può appunto entrare in scena il grande potere della rivelazione, che rende il sogno un veicolo figurato del Signore per portare un messaggio di verità all’uomo. Se non c’è il potere della rivelazione, viene meno il messaggio spirituale. I sogni da soli non ci dicono niente, ed è per questo motivo che quando una persona ha un sogno, al fine di darne la giusta interpretazione, deve pregare Dio per riceverla, deve porsi in sintonia con Lui.

   Lehi sognò un albero, un uomo vestito di bianco, un campo vasto e spazioso, una sorgente, i suoi familiari, molta gente, un edificio grande e spazioso che “stava come se fosse in aria alto sopra alla terra”, delle persone affacciate ad una finestra, un fiume d’acqua, una verga di ferro, una bruma tenebrosa, ecc. Tutte cose che singolarmente lui aveva gia visto in parte o in una miriade di singoli dettagli. La sua mente, durante il sonno, riunì tutte queste sue memorie ed assemblò un sogno, cioè un avvenimento al quale poi egli dette un senso simbolico a una delle più interessanti e significative interpretazioni spirituali che siano mai state date all’uomo.

   In conclusione, non è possibile sognare niente se prima i singoli dettagli, oppure la loro parcellizzazione, non siano stati memorizzati realmente nel nostro cervello. L’assemblaggio di queste singolarità poi avviene durante il sonno, dando origine ad una nuova storia.
   Probabilmente, Lehi aveva acquisito queste immagini o la loro parcellizzazione, in altri momenti e in differenti luoghi. Alcuni ricercatori, però, sostengono che l’albero, poi chiamato “albero della vita”, e l’omino vestito di bianco Lehi poteva averli visti benissimo nel luogo dove aveva avuto il sogno; l’albero poteva essere quello dell’incenso e l’omino vestito di bianco il coltivatore, che in quei luoghi si veste con un vestito bianco, mentre incide la corteggia facendo tantissimi forellini, per estrarre il liquido bianco e saporito.
   Alcuni studiosi, infatti, sostengono che questa visione dell’ “albero della vita” che rappresenta l’amore di Dio, trova la sua origine nella pianta dell’incenso che Lehi aveva avuto la possibilità di vedere quando passò per un luogo, oggi denominato Shibam, sito nel vecchio regno di Hadramawt (Yemen). Lì infatti, fin dai tempi antichi, si commercializzava l’incenso di cui Shibam era un forte produttore. Questo luogo era pertanto abitato e ciò si ricollega a quanto disse Lehi in Nefi 8:5-7: egli fu infatti invitato da un uomo a seguirlo, e vide un albero e ne mangiò il frutto (gemma fresca di lattice bianca) che era delizioso (Nefi 8:10-12).
   Nella repubblica dello Yemen, e precisamente nella valle dell’Hadramaout, e nella regione del Dhofar, nel sultanato dell’Omar, oltre a trovarsi l’oro nero, il petrolio, si trova anche l’oro bianco: l’incenso. In queste regioni, infatti, cresce spontaneamente l’albero della “boswellia sacra”, chiamata anche “boswellia carteri”, da cui viene ricavato l’incenso. Si tratta di una resina lattiginosa bianca estratta dall’albero: una volta secca essa origina l’incenso.
   Albero di piccole dimensioni che non supera quasi mai i 3 mt. di altezza, dai rami contorti, sgraziato nelle forme, con foglie dure e spesse, ovviamente resistente alle temperature torride di quelle zone e alla pochissima acqua disponibile, l’incenso contiene però uno degli aromi più preziosi in assoluto: “le lacrime degli Dei".
   A seconda del periodo di raccolta, che può avvenire prima o dopo le piogge del monsone estivo, la linfa è più o meno traslucida. Si ricava intagliando la corteggia o dopo aver praticato piccoli fori lungo il tronco della pianta: ciò permette il formarsi, per essudazione, delle perle di resina, che vengono poi fatte seccare all’ombra, sino al formarsi di piccole pietruzze bianche molto profumate le quali, una volta sminuzzate, sono utili contro il mal di stomaco.
   La gommaresina ancora fresca, che viene piacevolmente masticata, contiene circa il 23% di frazione gommosa, costituita fondamentalmente da polisaccaridi, e il 55% di frazione resinosa rappresentata principalmente da acidi triterpenici pentaciclici.
   Ci sono diversi colori d’incenso, ma quello più ricercato è quello bianco. Queste pietruzze hanno fatto la fortuna dei re sabei quando, dal Dhofar e dallo Yemen, partivano le carovane che portavano l’incenso a Damasco, Alessandria e Roma, dove veniva utilizzato nelle cerimonie religiose, nei profumi e come medicinale antidepressivo: “E come mangiai del frutto, esso riempì la mia anima d’una immensa gioia;….” (Nefi 8:12).

   Un'altra immagine significativa che Lehi avrebbe potuto incamerare prima del suo sogno è quella relativa ad un edificio grande e spazioso, che può corrispondere all’espressione: “stava come se fosse in aria alto sopra alla terra” (Nefi 8:26).
   Gli storici sostengono che durante la passata grandezza sabea e himyarita, nei pressi dell’attuale capitale dello Yemen, San’a, sorgeva una costruzione molto grande: il Ghumdan. Questo edificio era formato da 20 piani, ciascuno dei quali alto venti cubiti (un cubito è uquale a 45,72 cm.). L’altezza totale era pertanto di ben 183 metri: il primo grattacielo della storia dopo la torre di Babele (1). Questa grande costruzione fu distrutta nel 532 d.C. dagli invasori abissini.
   La scrittura che dice “stava come se fosse in aria, alto sopra alla terra” descrive una sensazione molto reale, che può avere chiunque vada oggi, a visitare l’attuale splendido palazzo di Wadi Shar, costruito su una rupe nella città di San’a (fig. 47).





   È curioso notare che in queste zone yemenite le case da tanti secoli vengono costruite in pietra, e sono a volte sopraelevate su una roccia di basalto, con altezze di circa 30 metri, cioè simili a grattacieli. Spesso queste costruzioni sono delle repliche in miniatura del leggendario palazzo di Ghumdan. Per questa sua diffusa caratteristica, una città vicino a San’a, Shiban, è denominata la “Manhattan del deserto”.

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Note
(1)   Informazioni desunte dal libro “Il regno di Saba ultimo paradiso archeologico” di G. Mandel, edizioni Longanesi & C., Milano 1978.

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